Il nostro tempo ci ha insegnato che i confini stanno diventando obsoleti. Se nel mondo digitale sono già stati abbandonati, in quello analogico stanno subendo una mutazione continua. Le persone sono in costante movimento. I popoli si incontrano, si scontrano, si fondono, si separano. E tutto questo avviene in luoghi che crediamo di possedere; a cui crediamo di appartenere.
A volte trascorriamo l’intera nostra vita in un solo luogo, diventando noi stessi parte di quella terra, di quei sassi e mattoni che compongono le pareti delle abitazioni, altre, invece, ce ne dobbiamo andare, per volontà nostra o altrui, lasciando per sempre quella che fino a poco prima chiamavamo casa.
E solo in quel momento, ci si rende conto che quella non era formata da quattro mura e un tetto, ma dagli individui al suo interno. Come la patria: non un luogo specifico, ma persone.
Come le figure dell’opera, sospese nello spazio, quasi a ricreare i punti di un’architettura invisibile. Un luogo che esiste pur non esistendo più.
Perché senza qualcuno ad abitarla, anche una casa perderebbe la sua funzione più autentica.